L  Y  R  A

in memoria di Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975)

sacrificare ogni giorno il dono

rinunciare ogni giorno al perdono

sporgersi ingenui sull’abisso

La lyra è lo strumento del poeta, divenuto mitico simbolo della poesia dopo la morte di Orfeo, quando la sua lyra fu posta nei cieli.
La piccola costellazione Lyra, già presente nelle mappe celesti più antiche, è molto visibile grazie alla stella multipla di Vega, una delle più luminose del cielo.

La vibrazione di questi versi dall’Usignolo di Pier Paolo Pasolini è ancora oggi fortissima.
Dio lontano sembra non ascoltare la voce di questo Cristo che invoca perdono.
Nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 Pasolini venne ucciso in maniera brutale: battuto a colpi di bastone, travolto ripetutamente con la sua auto sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia, vicino a Roma. Omaggiare Pasolini è come un’immersione, un’apnea nella sua Passione, giù sino ai suoi ultimi respiri e battiti, quella notte del giorno dei santi, in un luogo con un nome così simbolico. Pasolini sempre vicino ad un cristianesimo primitivo nel quale Cristo è prima di tutto carne, sangue e sofferenza, un Cristo il cui martirio esposto, esibito, è il suo insegnamento più difficile: bisogna esporsi, è questo che ci dice quell’uomo inchiodato al suo albero di dolore.
Poeta, sceneggiatore, regista, scrittore, drammaturgo, attore, saggista e pedagogo che destina verità attualissime sull’omologazione e la rivoluzione antropologica, ricordare Pier Paolo Pasolini significa celebrare la memoria di un paese intero, l’Italia, il cui dibattito socio-politico del dopoguerra è stato attraversato furiosamente dalla sua etica umanistica: il suo impatto di artista intellettuale sui mutevoli tessuti sociali dell’epoca fu durissimo e ancor oggi inestimabile.
Grazie alla sua capacità di essere poeta nel pieno senso del termine, oggi Pasolini diviene il simbolo della sopravvivenza della poesia stessa, in una civiltà degradata il cui ulteriore e progressivo degrado egli aveva coraggiosamente profetizzato.
Attraverso una vita vissuta all’insegna di una continua sperimentazione esistenziale, ideologica e linguistica, Pasolini si è rivelato una figura unica capace di esprimere verità in qualsiasi circostanza e attraverso diversi canali espressivi, le sue opere di varia natura sono accomunate da una speciale bellezza, permeate da una passione bruciante per la conoscenza dell’essere umano, dell’etica e della morale civile.
Opere esplicitamente provocatorie, talora volutamente sgradevoli, rivolte a un potere sempre più perverso e immorale al quale opponeva la gioia e la semplicità primordiale della gente e un senso del sacro puro e ancestrale. Il suo assassinio rappresentò l’ultimo violento pugno nello stomaco della civiltà.

Ciò che rende irresistibile la sfida di mettere Pasolini in musica è proprio la comprensione della sua unitas multiplex, questa eccezionale caratteristica di molteplicità e unità che avvicina e comprende gli opposti (colto e popolare, sacro e profano, politico, etico e religioso nel contempo), la consapevolezza in linguaggi e tecniche espressive capaci di riunire, comprendere e comunicare contenuti assoluti attraverso percorsi così diversi e vari. Della tematica pasoliniana più forte, la sensibilità nei valori che espresse e per i quali lottò in contrapposizione coi valori dominanti del nostro tempo, rimane l’introspezione del dolore, la forza ed il rigore da lui emanato e perpetuato con feroce, disperata vitalità.

Le ragioni che spingono a mettere in musica il Pasolini friulano nascono dal suo stesso prezioso lavoro di ricerca specifica, quando raccolse nel suo Canzoniere Italiano una monumentale antologia di poesia popolare divenuta nel tempo un’ode alle tradizioni della lingua italiana. Descrisse la genesi dei canti di regione in regione, analizzando acutamente la koinè diffusa della nuova lingua contaminata, in un ritratto vivissimo, poetico e critico, di un popolo e delle sue radici. Il dialetto dunque come lingua, come recupero e ricerca, non solo come sopravvivenza di ciò che è puro e incontaminato, ma come possibile ponte tra origine e futuro, lingua di terra e di metafore, di radici e simbolismi, che comprende al contempo la purezza rustica del mondo contadino e le diversità della sperimentazione letteraria, le parole arcane discese dai padri, misteriose eppure così chiare, ma anche una sorta di laboratorio linguistico che porta le tradizioni trecentesche in una dimensione del tutto emotiva, oltre, -al di là- del significato stretto della parola stessa. Ciò permette un processo espressivo più autentico, distante dalla lingua ufficiale perché mantiene un’innocenza, una verginità di fatto intraducibile sia per mancanza di un corrispettivo italiano che per il valore onomatopeico del suono originario, immediato e “regressivo”.

Ideale perciò per essere messo in musica, restituito ad un definitivo splendore metalinguistico.

Il Friuli Venezia Giulia è una regione affascinante come tutte le terre di frontiera, ma i suoi confini, le sue porte si aprono verso universi così distanti tra loro che ne risulta un profilo speciale, un’identità composita. E nonostante il processo di modernizzazione e industrializzazione Il mondo contadino caro a Pasolini è rimasto il cuore e l’anima di questa regione agricola che oggi ancora appare come il custode depositario di valori reali e genuini come semplicità, amicizia, carità, amore, lavoro e solidarietà:

Dopo la guerra Pasolini aderì al marxismo ed al comunismo di Gramsci esordendo nella narrativa, con due romanzi ambientati nelle campagne tra le sagre di paese, in un clima di speranza e fermento a seguito degli avvenimenti italiani del 1948-49, quando si ristabilirono rapporti di lavoro più equi tra proprietari terrieri e contadini.

Ricordiamo tutti, uniti dal silenzio, guardare passare una bara, alta sulle nostre teste.
Alcuni sollevano il pugno chiuso, altri abbassano la testa. Il popolo, qualsiasi cosa sia, saluta il suo disperato amante.

Stefano Battaglia